Il piccolo Bobogi, chiamato da tutti Bobo, era un bambino davvero vivace: saltare, arrampicarsi, correre, giocare, erano le sue attività preferite e contenevano un sogno. Quello di diventare invincibile! Aveva visto, durante le Olimpiadi di quell'anno, correre l'uomo più veloce del mondo, più veloce di un leopardo, più veloce del vento, ne era sicuro! Aveva 4 anni ma aveva provato una sorta di gioia selvaggia, una sfida ad andare avanti dentro qualcosa di cui non sapeva nulla e, forse, il suo impegno e raggiungere le cose in cui credeva iniziò proprio lì, in quel momento esatto.

I primi allenamenti erano stati entusiasmanti e lui era un bambino forte ma, arrivati alla prima prova, le gambe cominciarono a tremare!! I suoi compagni gli sembravano così alti, rispetto a lui, con gambe così lunghe, che sembravano quelle delle gazzelle!! Bobo invece era ancora piccino. E così alla prima gara arrivò ultimo e, rientrato, con i suoi compagni negli spogliatoi, il suo sorriso contagioso sembrava essersi spento.

Fu a quel punto che sentì picchiettare contro la finestra. La sua testa girò veloce a destra e a sinistra, ma non vide nessuno. In quello spogliatoio c'era solo lui, adesso e aspettava che il papà lo venisse a prendere. Appena si era voltato per riempire la sua sacca, ecco però che quel suono era tornato! Hey, dico a te!!" una sagoma scura spalancò le ali al di là del vetro e Bobo corse fuori per vedere di cosa si trattasse. Trovò ad attenderlo un usignolo più alto di lui di quattro spanne: "Chi sei?" L'usignolo chinò la testa piumata e si abbassò zampettando a destra e a sinistra come un pollo, per far salire il bimbo sulla sua schiena… Beh! Ci si deve abituare a diventare un usignolo gigante! Sono un amico", gridò divertito e prese il volo sopra, molto sopra i tetti della città, in altissimo, insieme a un altro piccolo essere davvero speciale e così simile a lui!

Bobo credette di sognare, forse sognava? Ma l'usignolo iniziò a spiegare: "Arrivo da un regno dove gli animali parlano e per diventare amici degli uomini si fanno giganti (questa si che è magia) così da potersi far vedere e sentire." La sua era una famiglia di usignoli che credeva nel potere del pensiero magico, quello del cuore, rotondo, pieno, intero. Quello che consentiva di usare l'immaginazione per diventare qualunque cosa si desiderasse, il pensiero nobile e gioioso, scaltro come un animale coraggioso e generoso, simile al cuore da cui nasce la fantasia.

Anch'io, infatti, che dovrei essere un uccellino, ho desiderato le mie grandi ali che ora sanno crescere ogni volta che desidero farmi vedere da te e che poi tornano invisibili, per occupare un piccolissimo spazio, da qualche parte, dove però mi puoi trovare". Bobo non sembrò così stupito. "Che meraviglia" pensò fra sé e sé, sembrava di volare su una gigantesca fetta di groviera, il formaggio coi buchi: fra una nuvola e l'altra c'erano tondi vuoti da cui poteva vedere i colori della Terra, azzurri ardenti, vicino all'oro e i rossi, simili ai fuochi, quelli che accendono gli esploratori dei suoi racconti preferiti.
Quando tornarono dal loro volo, Bobo appoggiò le manine sull'erba, concentrato, era la posizione di partenza che aveva visto alle Olimpiadi e, desiderò correre, valoroso e ardito, come aveva volato il suo usignolo! Così simile a una fiamma! E, proprio in quel momento, sentì la voce di suo padre che lo chiamava: "Bobo, eccomi!". Era arrivato a prenderlo con un regalo! Bobo gli corse incontro, felice e velocissimo: che giornata pazzesca! E, incredibile a dirsi, nel pacchetto di papà c'era una maglietta da corsa e, all'interno era disegnato un usignolo gigante, azzurro come la Terra vista dal cielo!! "Questa maglietta ha un amico che vola con te, Bobo", gli disse il papà. "Grazie!" sussurrò Bobo abbracciandolo…

Testo di Antonella Venditto

Illustrazioni di Daria Piromalli

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